Genitori e DAD : l’ incompatibilità della prestazione con lo smart-working

Dopo il silenzio legislativo successivo al 31 dicembre 2020, il legislatore (d.l. n. 30/2021) ha nuovamente previsto – fino al 30 giugno 2021 – la possibilità per il lavoratore dipendente, genitore di figlio convivente minore di 16, di richiedere che l’esecuzione della propria prestazione avvenga in modalità agile per un periodo corrispondente, in tutto o in parte, alla durata della sospensione dell’attività didattica in presenza, alla durata dell’infezione da Covid-19 del figlio (ovunque verificatesi) nonché alla durata della quarantena del medesimo, disposta dal Dipartimento di prevenzione dell’ ASL territorialmente competente a seguito di contatto, a prescindere dal luogo in cui esso sia avvenuto.

Il legislatore ha considerato anche l’ipotesi di una sostanziale incompatibilità delle mansioni svolte con lo smart-working: il lavoratore, con figlio minore di 14 anni o con disabilità grave, potrà astenersi dal lavoro per il medesimo periodo suddetto, percependo un’indennità pari al 50% del trattamento retributivo. Ciò, tuttavia, nei limiti di spesa indicati (282,8 milioni di euro per l’anno 2021).

Qualora il figlio abbia un’età compresa tra i 14 ed i 16 anni, invece, alle medesime condizioni sopra riportate, l’astensione dal lavoro non prevede la corresponsione di retribuzione o di un’indennità, né il riconoscimento di contribuzione figurativa. È fatto divieto di licenziamento ed è riconosciuto il diritto alla conservazione del posto di lavoro

Il licenziamento per inidoneità alla mansione rientra nel blocco dei licenziamenti Covid 19

Il licenziamento per sopravvenuta inabilità ricompreso nell’ambito applicativo del blocco dei licenziamenti per g.m.o. di cui all’art. 46 d.l. n. 18 del 17 marzo 2020, perché tale motivo di licenziamento è indubbiamente oggettivo (non è disciplinare) nella dicotomia dell’art. 3 della l. n. 604/1966, ma anche perché, in concreto, per tale licenziamento valgono le stesse ragioni di tutela economica e sociale che stanno alla base di tutte le altre ipotesi di licenziamento per G.M.O. che la normativa emergenziale ha inteso espressamente impedire.

Il licenziamento irrogato in violazione dell’art. 46 d.l. n. 18 del 17 marzo 2020 è nullo, in quanto contrario a norme imperative, il rimedio conseguente va individuato nell’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 23/2015, che prevede la massima sanzione (reintegra e risarcimento) indipendentemente dal numero dei dipendenti occupati presso il datore di lavoro.

Tribunale di Ravenna – Sez. Lavoro 7.1.2021

Il divieto dei licenziamenti economici in pendenza di pandemia si applica (anche) ai dirigenti

Il divieto transitorio dei licenziamenti individuali riconducibili ad esigenze economiche e organizzative aziendali introdotto dall’art. 46 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, ai sensi del quale è preclusa al datore di lavoro la facoltà di “recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3, della legge 15 luglio 1966, n. 604”, si applica anche al rapporto di lavoro dei dirigenti.

Tribunale di Roma – Sez. Lavoro 26.2.2021

Obbligo di vaccino

Il Tribunale di Belluno ha rigettato il ricorso di alcuni infermieri e operatori sanitari di una casa di riposto posti in ferie “forzate” dalla direzione della r.s.a. a seguito del rifiuto di sottoporsi alla somministrazione del vaccino Pfizer.

Per il giudice bellunese la permanenza dei ricorrenti nel luogo di lavoro comporterebbe per il datore di lavoro la violazione dell’obbligo di cui all’art. 2087 c.c. che gli impone di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei suoi dipendenti.

È infatti notorio, scrive il giudice, che il vaccino costituisce misura idonea a tutelare l’integrità fisica degli individui a cui è somministrato prevenendo l’evoluzione della malattia. I ricorrenti, operatori sanitari impiegati in mansioni a contatto con persone che accedono al loro luogo di lavoro, corrono il rischio, in assenza di vaccino, di essere contagiati. Per tale ragione la loro permanenza nel luogo di lavoro comporterebbe la violazione dell’obbligo di cui al citato art. 2087 c.c.

Per il giudice inoltre, nel caso di specie, sull’eventuale interesse del prestatore ad usufruire di un diverso periodo di ferie prevale l’esigenza del datore di lavoro di osservare il disposto dell’art. 2087 c.c.

Tribunale di Belluno – Sez. Lavoro 21.3.2021

Il divieto di licenziamento in epoca COVID vale anche per i Dirigenti

Con ordinanza del 26.2.2021, il Tribunale di Roma – Sez. Lavoro ha ordinato la reintegrazione di un dirigente licenziato il 23 Luglio 2020, ritenendo il licenziamento nullo per violazione del divieto imposto dalla normativa emergenziale.

Il Giudice, in particolare, ha esteso la portata preclusiva di cui all’art. 46 del D.L. n° 18 / 2020, prorogato dal cd. “Decreto Rilancio”, anche verso i licenziamenti da cd. GMO verso i Dirigenti, motivando, diversamente, il contrasto con l’art. 3 Cost. e avuto riguardo del criterio di solidarietà sociale cui è ispirata la norma di riferimento.