“Chat” aziendale oggetto di controlli e utilizzabilità dei dati raccolti

Chat aziendale oggetto di controlli, utilizzabilità dei dati raccolti e previa informazione al lavoratore.

Quanto alla questione relativa alla qualificazione come “strumento di lavoro” della chat aziendale oggetto dei controlli non sembra possano sussistere dubbi, essendo essa, pacificamente, funzionale alla prestazione lavorativa. In questi casi la disciplina vigente prevede bensì l’esclusione delle procedure di garanzia di cui al comma 1 dell’art. 4 per tali controlli.

Tuttavia, negli stessi casi l’utilizzabilità del risultato di tali controlli “a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro”, compresi quindi quelli disciplinari, è subordinata, secondo il comma 3 dello stesso art. 4, alla “condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.

Nel caso di specie, era mancata l’adeguata informazione preventiva al lavoratore, poiché la comunicazione aziendale con la quale i lavoratori erano stati informati della soppressione della chat aziendale era intervenuta successivamente all’effettuazione dei controlli).

Cass., Sez. Lav., 22 settembre 2021, n. 25731

 

Luogo di lavoro e responsabilità in tema di sicurezza

Nell’ambito della sicurezza sul lavoro, emerge la centralità del concetto di rischio, in un contesto preposto a governare ed evitare i pericoli connessi al fatto che l’uomo si inserisce in un apparato disseminato di insidie.

Rispetto ad ogni area di rischio esistono distinte sfere di responsabilità che quel rischio sono chiamate a governare; il “garante” è il soggetto che gestisce il rischio e, quindi, colui al quale deve essere imputato, sul piano oggettivo, l’illecito, qualora l’evento si sia prodotto nell’ambito della sua sfera gestoria.

Proprio nell’ambito in parola (quello della sicurezza sul lavoro) il d.lgs. n. 81 del 2008 (così come la precedente normativa in esso trasfusa) consente di individuare la genesi e la conformazione della posizione di garanzia, e, conseguentemente, la responsabilità gestoria che, in ipotesi di condotte colpose, può fondare la responsabilità penale.

Cass. pen., sez. IV, 3 giugno 2021 (ud. 29 aprile 2021), n. 21553

 

Condotta anti-sindacale e profili della eventuale lesività (anche in senso meramente oggettivo)

In via interpretativa, può desumersi come la natura antisindacale di una condotta non sia individuabile in base a caratteristiche strutturali costanti ed invariate, bensì analizzando di volta in volta l’idoneità del comportamento a ledere gli interessi collettivi di cui l’organizzazione sindacale è portatrice. Per quanto riguarda l’elemento soggettivo, non appare necessario l’accertamento in concreto di uno specifico intento lesivo: ciò in quanto la portata discriminatoria di una condotta antisindacale opera ex se, rilevando oggettivamente.

Può dunque sorgere l’esigenza di una tutela della libertà sindacale anche in relazione ad un errore del datore di lavoro in merito alla lesività della propria condotta. L’antisindacalità può configurarsi anche nel caso in cui il datore di lavoro ponga in essere comportamenti in sé leciti, quando questi presentino i caratteri dell’abuso del diritto, essendo indirizzati a fini diversi da quelli tutelati ex lege.

Nel caso di specie, il giudice ha accertato l’antisindacalità della condotta consistita nella divulgazione tramite social network di messaggi di disprezzo del sindacato ad opera del legale rappresentante della società datrice di lavoro, e nell’agevolazione e promozione di un’organizzazione di lavoratori avente natura sostanzialmente sindacale.

Tb. Milano – Sez. Lav. decr. 11.8.2021

Lavoratori somministrati e “Green Pass”

L’art. 3, comma 2, d.l. 21 settembre 2021, n. 127, dispone che il datore di lavoro è tenuto – pena l’applicazione delle sanzioni di cui al comma nono – a verificare il possesso della certificazione verde Covid-19, sia rispetto ai propri dipendenti sia con riferimento a coloro che, a qualsiasi titolo, svolgano la propria attività lavorativa, di formazione o di volontariato presso i luoghi di lavoro.

Tenuto conto del dato letterale della disposizione, nonché delle caratteristiche proprie del contratto commerciale di somministrazione, sembra possibile affermare che, prima dell’inizio della missione presso l’utilizzatore, gravi sull’agenzia verificare il possesso del green pass da parte del lavoratore, ciò costituendo una delle condizioni necessarie ai fini della concreta possibilità di dare esecuzione al contratto.

Avviata la missione sarà invece l’utilizzatore, concretamente nella posizione fattuale necessaria, ad essere tenuto ai controlli suddetti prima che il lavoratore faccia l’accesso al luogo di svolgimento della prestazione.

Si ritiene, ad ogni modo, che sia onere del somministratore assicurarsi, per poter adempiere al proprio obbligo contrattuale verso l’utilizzatore, che il lavoratore sia in possesso dei requisiti per l’esecuzione della prestazione lavorativa per l’intera durata del contratto.

L’eventuale impossibilità di assicurarsi la prestazione del lavoratore da parte dell’utilizzatore potrà, quindi, essere fonte di responsabilità ex art. 1218, c.c.