Cass. Sez. Lav. 10.12.2018 n° 31872
Il caso.
Con ricorso al Tribunale di Napoli, un lavoratore dipendente presso una società metalmeccanica, licenziato per riduzione di personale nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo, aveva dedotto che la società non aveva correttamente osservato i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare e chiesto venisse dichiarata la invalidità del licenziamento, con conseguente reintegrazione nel posto di lavoro e condanna della società al risarcimento del danno.
Aveva inoltre chiesto il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato per un periodo precedente l’assunzione, con obbligo della stessa società a risarcire il danno da omessa contribuzione.
Il giudice adito, in parziale accoglimento del ricorso, aveva dichiarato illegittimo il licenziamento e condannato la società alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione di fatto percepita per nove mensilità, rigettando nel resto le ulteriori domande e compensando le spese di lite fra le parti.
Avverso la sentenza aveva poi proposto appello la società, reiterando tutte le eccezioni già sollevate in primo grado e cioè l’esistenza di reali ragioni tali da indurre il datore di lavoro a ricorrere alla procedura di mobilità ai sensi della l. n. 223 del 1991, art. 4, commi 6 e 7, e d.lgs. n. 469 del 1997, art. 3, comma 2, in relazione alla quale erano stai rispettati i criteri di scelta tenendo conto delle esigenze tecnico-produttive aziendali.
La Corte d’appello di Napoli aveva confermato la decisione impugnata stante la genericità ed illegittimità dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare adottati ed applicati.
Licenziamento per riduzione di personale e criterio dell’alta specializzazione.
In materia di licenziamenti per riduzione di personale l’accordo sindacale raggiunto al termine della procedura di cui all’art. 4, commi 5-7, l. n. 223 del 1991, legittimamente contiene i criteri di scelta più idonei, nella specifica realtà aziendale data, al fine della migliore individuazione dei dipendenti da licenziare, prevalendo tali criteri su quelli di legge(carichi di famiglia, anzianità, esigenze tecnico-produttive ed organizzative).
Ciò vale a maggior ragione ove – ricorda la Suprema Corte – per la peculiarità ed alta specializzazione dell’attività aziendale, il ricorso ai menzionati criteri di legge risulti del tutto insufficiente allo scopo, pacificamente permeante la procedura in questione, di salvaguardare la prosecuzione dell’attività produttiva e conseguentemente l’occupazione dell’intero complesso industriale.
Deve infatti evidenziarsi, concludono i giudici di legittimità, che laddove la realtà produttiva aziendale sia caratterizzata da una particolare (e delicata) specializzazione (nel settore tecnico-produttivo), il criterio dell’alta specializzazione non possa ritenersi generico o arbitrario, dovendo esso essere valutato nel peculiare e delicato contesto produttivo in cui esso è chiamato ad operare.
La Corte di cassazione accoglie pertanto il ricorso.
In senso conforme
Cass., sez. lav., 21 settembre 2016, n. 18504