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Onere della prova del demansionamento

Secondo l’orientamento della Cassazione, quando un lavoratore alleghi un demansionamento, incombe su quest’ultimo l’onere di provare l’esatto adempimento del proprio obbligo: o attraverso la prova della mancanza in concreto del demansionamento ovvero attraverso la prova che fosse giustificato dal legittimo esercizio dei poteri imprenditoriali o disciplinari, oppure, in base all’art. 1218, c.c., a causa di un’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

Tb. Napoli Sez. Lav. 11.4.2019

 

L’incidenza delle condotte extra lavorative sul vincolo fiduciario

Un licenziamento per giusta causa può essere fondato anche su condotte extra-lavorative precedenti l’instaurazione del rapporto di lavoro, purché non già conosciute dal datore ed idonee ad incidere irrimediabilmente sul vincolo fiduciario tra le parti. Qualora il fatto addebitato integri un’ipotesi di reato, non osta il recesso datoriale il difetto di una condanna definitiva, operando il principio di colpevolezza solo per la pretesa sanzionatoria statale, salvo che tale subordinazione sia oggetto di espressa previsione contrattuale.

Cass. Sez. Lav. 10.1.2019 n° 428

Legge 104: abuso del diritto a fruire dei permessi retribuiti

Abuso del diritto a fruire dei permessi retribuiti ex art. 33, l. n. 104 del 1992. Come affermato dalla Suprema Corte in tema di abuso del diritto connesso all’utilizzo improprio del permesso, art. 33, l. n. 104 del 1992: “ove l’esercizio del diritto soggettivo non si ricolleghi alla attuazione di un potere assoluto e imprescindibile, ma presupponga un’autonomia comunque collegata alla cura di interessi, soprattutto ove si tratti – come nella specie – di interessi familiari tutelati nel contempo nell’ambito del rapporto privato e nell’ambito del rapporto con l’ente pubblico di previdenza, il non esercizio o l’esercizio secondo criteri diversi da quelli richiesti dalla natura della funzione può considerarsi abuso in ordine a quel potere pure riconosciuto dall’ordinamento. L’abuso del diritto, così inteso, può dunque avvenire sotto forme diverse, a seconda del rapporto cui esso inerisce, sicché, con riferimento al caso di specie, rileva la condotta contraria alla buona fede, o comunque lesiva della buona fede altrui, nei confronti del datore di lavoro, che in presenza di un abuso del diritto al permesso si vede privato ingiustamente della prestazione lavorativa del dipendente e sopporta comunque una lesione (la cui gravità va valutata in concreto) dell’affidamento da lui riposto nel medesimo, mentre rileva l’indebita percezione dell’indennità e lo sviamento dell’intervento assistenziale nei confronti dell’ente di previdenza erogatore del trattamento economico”.

Nel caso di specie il Giudice ha accertato il verificarsi di un abuso del diritto potestativo in quanto lo stesso è stato esercitato non per l’assistenza al familiare, bensì per attendere ad altra attività per la gran parte del tempo totale concesso, ponendosi, quindi, la condotta della ricorrente in contrasto con la finalità della norma richiamata.

Tb. Bari Sez. Lav. 30.4.2019 in senso conforme Cass. Sez. VI 21.2.2019 n° 4984

 

 

Gravidanza durante il periodo di preavviso

Non essendo la lavoratrice oggettivamente in stato di gravidanza al tempo in cui è venuta a conoscenza del recesso datoriale, dovrà escludersi la nullità del licenziamento ex art. 54 c. 5 prefato. In merito.

Cass. Civ. Sez. Lav.  n° 9268/2019

Il regime dell’onere probatorio nel licenziamento intimato in forma orale

Il lavoratore subordinato che impugni un licenziamento allegando che è stato intimato senza l’osservanza della forma prescritta ha l’onere di provare, quale fatto costitutivo della sua domanda, che la risoluzione del rapporto di lavoro è ascrivibile alla volontà del datore di lavoro, anche se manifestata con comportamenti concludenti; la mera cessazione nell’esecuzione delle prestazioni non è circostanza di per sé sola idonea a fornire tale prova.

Ove il datore di lavoro eccepisca che il rapporto si è risolto per le dimissioni del lavoratore, il giudice sarà chiamato a ricostruire i fatti con indagine rigorosa – anche avvalendosi dell’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio ex art. 421, c.p.c. – e solo nel caso perduri l’incertezza probatoria farà applicazione della regola residuale desumibile dall’art. 2697, comma 1, c.c., rigettando la domanda del lavoratore che non ha provato il fatto costitutivo della sua pretesa.

Cass. Civ. Sez. Lav. 8.2.2019 n° 3822

 

Decadenza e accertamento o costituzione del rapporto di lavoro in capo a soggetto diverso dal titolare

La domanda di costituzione del rapporto di lavoro proposta ai sensi dell’art. 29, comma 3-bis, d.lgs. n. 276 del 2003, in virtù dell’illiceità dell’appalto, non è soggetta a decadenza ai sensi dell’art. 32, comma 4 lett. d), l. n. 183 del 2010, se l’appaltatore falso datore formale – i cui atti sono da attribuire all’appaltante utilizzatore effettivo della prestazione ai sensi dell’art. 27 comma 2, d.lgs. n. 276 del 2003 (oggi art. 38, comma 2, d.lgs. n. 82 del 2015) – intimi, in adempimento di un obbligo di fonte collettiva di risolvere il rapporto per consentire l’assunzione dell’appaltatore subentrante, un licenziamento solo verbale.

Cass. Civ. Sez. Lav. ord. 11.1.2019 n° 523

 

Esclusa l’indennità sostitutiva della reintegra se il lavoratore illegittimamente licenziato è nel frattempo andato in pensione

La Suprema Corte sottolinea che, pur essendo la maturazione del diritto alla pensione (come la relativa domanda) non estintiva del rapporto di lavoro finché non vi sia un atto idoneo, essendo che il lavoratore, nel frattempo, era effettivamente andato in pensione, va esclusa dunque la possibilità di reintegra e di conseguenza l’indennità sostitutiva.

Cass. Civ. Sez. Lav. 17.4.2019 n° 10721

 

Trattamento dati personali e diritto di accesso a dati valutativi

Il diritto di accesso ai dati personali del dipendente è completo e deve considerarsi esteso anche alle valutazioni che il datore di lavoro opera sui detti dati personali.

Cass. Sez. Lav. – ordinanza 15.11.2018 n° 32533

Rito Fornero: entità dell’indennizzo risarcitorio in caso di licenziamento illegittimo

L’art.9, comma 1, d.lgs. n. 23 del 2015, non ha subito censure, non essendo stato oggetto del quesito di costituzionalità. E’ inevitabile però valutare l’incidenza della pronuncia della Corte cost. n. 194 del 2018 anche sulla sua applicazione, sia perché questa norma richiama direttamente quella dell’art.3, primo comma, per assumere la base di calcolo dell’indennizzo dovuto ai dipendenti delle piccole imprese sia perché adotta lo stesso criterio ancorato all’anzianità di servizio […] Onde evitare un’applicazione contrastante col pronunciamento della Corte costituzionale, deve ritenersi che il rinvio al “ammontare delle indennità e dell’importo previsti dall’art.3, comma 1” vada letto in riferimento a tutti i criteri risarcitori indicati dalla sentenza 194 del 2018.

Tribunale di Genova – Sez. Lavoro – ordinanza 21.11.2018

Sull’obbligo di motivazione del recesso

Obbligo di motivazione del recesso. La Suprema Corte ribadisce il principio di diritto secondo il quale il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare per iscritto i motivi del recesso, ma non è tenuto ad esporre specificamente tutti gli elementi di fatto e di diritto a base del provvedimento, essendo invece sufficiente che indichi la fattispecie di recesso nei suoi tratti e circostanze essenziali, così che in sede di impugnazione non possa invocare una fattispecie totalmente diversa, e, a fortiori, non è certamente tenuto a fornire, in sede di esposizione dei motivi, anche la prova degli indicati motivi.

Cass. Sez. Lav. 7.3.2109 n° 6678